ciao dio #4. - Patatracchini
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ciao dio 5 patatracchini

ciao dio #4.

– Ciao dio.
– Oh, ciao patacchini.
– Ciao bello e impossibile.
– Sei un’idiota.
– A tua immagine e somiglianza.
– Ti fulmino.
– Non credo.
– Non giocare scorretto.
– Non fulminarmi.
– Che ti serve?
– Come sei acido, dio bono.
– Elena.
– Era un complimento.
– Vuoi mangiare? Prendo la pizza su justeat.
– Justeat? Ma tu puoi tutto.
– Faccio prima con justeat.
– Ah. Che pizza prendi?
– Col salame piccante.
– Diavola?
– Col salame piccante.
– Io voglio la marinara.
– Come stai?
– Non lo so. Tu?
– Ho mal di schiena, e lo psicanalista mi ha detto che devo lavorare un poco su me stesso. Che la devo smettere di proiettare tutto su gli altri.
– Già.
– Che succede?
– Io penso che abbiamo sbagliato tutto. Penso che c’è questo fatto che ci sforziamo di vedere la realtà come una cosa unica, e questa fatica qua ci spacca proprio in mille pezzi dentro. E invece secondo me funziona tutto al rovescio. Ché noi siamo gli unici e invece la realtà è frantumata in mille pezzi.
– Vieni qua.
– È inutile che mi abbracci.
– Allora dimmi che devo fare.
– Fammi passare i crampi causati dal meccanismo geniale che hai inventato per farci riprodurre, dammi la forza di finire le cazzo di correzioni di Franzen, trasforma la doccia di casa in una vasca da bagno, fa succedere che in tutti i telegiornali del mondo tutti i giornalisti del mondo dicano che tutte le cose irrisolvibili del mondo si stanno risolvendo, fa arrivare l’estate, fammi trovare il coraggio di fare la lavatrice, fa che smetta di stare male, raccontami una storia lunghissima dove non mi annoio mai e poi mai, fammi dimenticare le  cose, prenditi un po’ della mia rabbia, montami il faretto alla bicicletta, rimarginami le ferite, fammi gli gnocchi col ragù, riportami le sue mani. Riportami le sue cazzo di mani.
– Non posso.
– E meno male che c’hai l’onnipotenza, sennò pensa come stavamo messi.
– Ma tu ce la puoi fare, bimba.
– Non farmi la retorica che inizio a nominarti invano fortissimo.
– No, dico a finire di leggere Franzen.
– Ah.
– Mangia la pizza. Poi ci andiamo a bere una sambuca giù?
– No, lo sai che non ci esco con te. Ti fermi a guardare i cantieri, ci provi con le ragazze facendo quella battuta tremenda sul fatto che puoi metterle incinte solo con lo sguardo. Poi c’è quel fatto che tutti adorano te, e lo sai che sono egocentrica, dopo un po’ mi viene l’ansia. No, vado io al bar.
– Ti voglio bene.
– Se, se.
– Ciao.
– Ciao, ah, ti saluta Federico.