lo stato di p. - Patatracchini
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lo stato di p.

Lo Stato di P è un posto straordinario per molte ragioni. Per esempio, nello Stato di P, i cani parlano. Non è una cosa magica: è che nello Stato di P, i cani proprio hanno molte cose da dire, e perciò parlano. Un’altra cosa interessante dello Stato di P è che una bugia, se chi la dice la crede verità, smette di essere una bugia. Perciò, per certi versi le cose sono più complicate, ma per certi altri è tutto molto più semplice. Bisogna solo prenderci la mano e distinguere bene le bugie che si dicono e alle quali non si vuole credere, dalle bugie che si dicono e che invece ci si vuole credere veramente. Quando si impara, si va alla grande. Solo quelli nuovi, le prime volte, fanno danno: ma poi imparano tutti. Ancora altre cose speciali caratterizzano lo Stato di P: per esempio, si dorme di giorno e si lavora di notte, la domenica non si può lavorare, ma si deve litigare (fanno dei controlli a sorpresa per verificare che i litigi avvengano nei modi e nei tempi stabiliti), non esiste la pensione, ma ogni due anni si può stare un anno senza fare niente. Eppure, nonostante queste stranezze, la cosa più curiosa di tutte è che nello Stato di P, le cose che vengono fatte da tutti, per diventare cose che sono successe davvero, devono essere autorizzate e inviate al Centro. Il compiente deve recarsi all’ufficio A e farsi consegnare il modulo FESD. Il modulo FESD deve riportare il nome di chi ha compiuto l’atto, il luogo dove l’atto è stato eseguito, le persone che sono state interessate dall’atto, i tempi che l’esecuzione dell’atto ha richiesto, lo stato psicofisico del compiente prima e dopo l’atto. Il modulo FESD, una volta compilato, deve essere datato, firmato dal compiente, firmato da un terzo testimone e protocollato dall’ufficio A. A questo punto – il grosso è fatto – non resta che apporre sul modulo FESD, divenuto modulo EQSD, una speciale marca adesiva – denominata creb –, che ne attesti la validità e l’idoneità certificata dallo Stato di P. Il costo della marca adesiva è di 6 pneir. Il modulo EQSD deve essere successivamente consegnato a mano in doppia copia dal compiente all’ufficio E, entro e non oltre le 24 ore successive al compimento dell’atto stesso. Non è possibile demandare a nessuno la consegna del modulo EQSD. Per specifici casi, ritenuti gravi da uno specifico ufficio competente e da una commissione esterna, l’ufficio E può richiedere al compiente di consegnare il modulo EQSD a mano in doppia copia, tenendo l’altra mano nella mano del terzo testimone. Il modulo EQSD viene protocollato 321 volte dall’ufficio E prima di essere riconsegnato al compiente – che durante i 321 protocolli non può abbandonare l’ufficio E e, nel caso specifico, lasciare la mano del terzo testimone – che da quel momento ha 24 minuti per consegnare il modulo EQSD, divenuto a questo punto modulo SPS, al Centro. Non sono ammesse eccezioni. Se le cose che vengono fatte, non vengono certificate seguendo tutti i punti di questa procedura, semplicemente non sono cose che sono state fatte. Non esistono e, dunque, non valgono niente e non hanno, e non possono avere, effetto su chi le ha compiute e sugli altri.

Nello Stato di P, per molto tempo le persone vissero questa accentrata ed autoritaria gestione del proprio esistere. Si dannavano per fare una cosa e andare subito all’ufficio A, prendere il modulo, segnare i dati richiesti, trovare qualcuno che facesse da testimone – nello specifico caso, tenendogli la mano dopo –, vidimare, firmare, fotocopiare, protocollare e poi correre come il vento al Centro, sperando di fare in tempo, sperando che quelle cose così importanti potessero diventare cose che erano state fatte davvero e non solo inutili tentativi. Si dannavano. Alcuni si arresero. Per evitare questo infernale incastro di mancanza di tempo ed esuberanza di adempimenti, alcuni smisero di fare qualsiasi cosa. Si sedettero e iniziarono solo a pensare, e divennero pazzi in poco tempo, perché il pensiero al posto di sostituire le cose, le rese solo più desiderabili e più complesse e richiedenti più moduli, più testimoni, più uffici, più errori. Molte cose gli abitanti dello Stato di P persero, negli anni, tante cose fatte, cioè quasi fatte. Cose belle, cose brutte alle volte, cose medie quasi sempre. Le persero e neanche le barzellette dei cani – che erano grandi raccontatori di barzellette – riuscivano a tirar su il morale di quei poveri cristi che avevano vissuto vite stancanti, vuote e senza ricordi.

Un giorno nello Stato di P arrivò uno straniero che, come caratteristica sua personale aveva il fatto che non sapeva dire di sì. I suoi genitori erano morti presto e alle scuole non glielo avevano insegnato. Così era venuto su quasi normale, tranne per questo fatto che sapeva dire solo di no. Quando gli spiegarono la procedura che serviva per far succedere le cose, lo straniero voleva dire che “ok, ci sta”, ma disse di no. Quelli gli dissero che senza il modulo SPS, già modulo EQSD, già modulo FESD, non se ne faceva niente, lo straniero voleva dire che “dai, va bene, accetto”, ma disse di no. Quelli gli dissero che avrebbe sprecato la sua vita. Lo straniero disperato passò giorni interi in una stanza, da solo, a cercare di capire come fare a far succedere le cose che voleva far succedere in questo posto strambo dove nessuno lo capiva; a cercare di capire come fare per fare senza dover entrare in questo processo di dichiarazioni positive e asserzioni collettive. Una mattina nella cassetta del Centro venne trovata un’autocertificazione, che certificava che era stata firmata un’autocertificazione e che, quindi, quella cosa era successa veramente, e che era possibile, a ben vedere, far succedere le cose senza dirlo a nessuno.

Quella fu la fine dello Stato di P.

(Illustrazione di Kim Welling)