senza titolo #2. - Patatracchini
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senza titolo #2.

Ho questo vizio idiota. Facciamo che c’ho un piatto davanti. Va bene, facciamolo. Allora con il piatto davanti quasi subito, per riflesso ossessivo compulsivo, metto in ordine di preferenza le cose che ci stanno dentro e tengo a mente quell’ordine. Dura qualche secondo. Facciamo tre secondi. Posso anche parlare mentre lo faccio, anche ascoltare, non mi è ormai necessario più di un tanto di concentrazione. Tre secondi netti per mettere in ordine di preferenza le cose che ci stanno dentro al piatto e tenere a mente quell’ordine. Poi, con la leggerezza di spirito che solo un’ossessione affrancata sa dare, inizio a mangiare quella che mi piace di meno. Un indecifrabile senso di colpa verso lo sperato, una via crucis invisibile e profana, ma non meno violenta, insensata, lunga. Vuoi arrivare alla cosa che desideri di più? Bene, ti è concesso, ma trova la benedetta pazienza di mangiarti prima tutto il resto. Sopporta il resto. Trova il modo meno semplice per arrivare dove devi arrivare. Posticipa la linearità, disprezza l’usuale. Ora, a rischio di essere assai banale, non voglio nascondere il fatto che spesso la sazietà arriva con il boccone prima di quello che mi porterebbe, dio finalmente, a buttar giù l’unica cosa che in mezzo alle altre era veramente quella che volevo. È una cosa tragica. Mi ritrovo il più delle volte a guardare sfinita quell’unica cosa amata, ormai così inutile; tendenzialmente butto giù il grande amore del giorno con un filo d’odio. Più raramente, lo lascio nel piatto e poi lo penso per un po’, finché non mi scordo. A volte – distratta da un discorso particolarmente illuminante o da occhi liquidi tipo piscine che se non mi ci butto dentro vado al manicomio seduta stante – a volte, dicevo, sbaglio l’ordine, ma veramente nessuno vuole sapere come proseguono quelle giornate lì. Mi capita con il cibo. Mi capita con le parole, con le cose da dire; come se continuassi a svolgere il superfluo, in attesa di meritare lo spazio per un pezzo di necessario. Evadere sempre da qualcosa, procrastinare l’importante, rimandare il voluto, concedere diritti all’indesiderato, al malcapitato, aspettare, stare a guardare. Temo mi succeda anche con le persone.

Ho questo vizio idiota.
È un fottuto disastro.

(Illustrazione di Varja Kovaleva)