senza titolo #3. - Patatracchini
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senza titolo #3.

Tu sei come un calendario dell’avvento, come una cosa fatta di giorni che passano. Ogni giorno, in te, c’è una finestrella di legno da aprire: porta sempre a piccoli mondi illuminati.

Dentro i mondi ci sono le persone, le giraffe, le lingue, le carezze, le canzoni, i piedi, la noia, i treni, dentro i mondi ci sono le notti che accadono, i puntini di sospensione, i segreti, le piante. Ti si aspetta sempre, a te, anche quando sei arrivato già da un pezzo, perché tu sei una cosa che sta sempre ritornando. Vai, e poi torni. Vai, e poi torni. Vai.

È qui il varco?, chiedeva spesso un certo poeta. Io mi sentirei di rispondergli di sì. È qui. Perché tu manchi e sempre, ma soprattutto manchi quando ci sei; quando sei in corso, quando ti svolgi, con quella disperazione allegra che hanno le cose quando non sono state ancora benedette dalla fine. E manchi, ma questa è solo una mia opinione, perché hai queste lievi regole tue che uno rispetta solo per dovere verso la meraviglia. La meraviglia è l’unica cosa di cui accetto le regole.

Una volta, dentro una delle tue finestre, ho trovato un odore. Un’altra volta, una temperatura. Un’altra volta ancora, un abbonamento agli scherzi. Tutte le volte, invece, tutte, ho sentito quanto era bello essere finalmente autorizzati a scartare quel giorno, ad aprirlo, a guardare cosa ci stava dentro davvero: a stare un po’ in compagnia di quello che si trovava dietro la finestra. Tutte le volte, allo stesso modo – e questo va detto per onestà – ho sentito che la sorpresa dell’oggi era sopraffatta dalla curiosità per il domani. Sempre. Ché io sono qui, ma vorrei già andare là. Il futuro è un vizio, e noi siamo voraci, siamo senza fondo in questo genere di cose, come i buchi, come il caos. Credo sia per questo che ci piacciono molto gli inizi e le fini, e soprattutto le fini, perché tengono il segno di una storia di cui ci vogliamo ricordare.

Tu sei come un calendario dell’avvento. E ieri era Natale.

(Illustrazione di Frank Höhne)